Stenting ureterale (cateterismo ureterale) e Nefrostomia percutanea
Cateterismo ureterale o stenting ureterale
È una procedura terapeutica necessaria in caso di ostruzione ureterale da cause interne all’uretere (calcoli, restringimenti cicatriziali, tumori) o da compressione dall’esterno (tumori, ematomi, raccolte urinarie o linfatiche), nonché in presenza di rotture dell’uretere (fistole) o dopo chirurgia ureterale o renale (reimpianti uretero-vescicali o resezioni segmentarie dell’uretere o plastiche del giunto pielo-ureterale). Il tempo di permanenza del tutore può variare da alcuni giorni a qualche mese, dipenderà dalle diverse indicazioni.
Raramente si tratta di un provvedimento definitivo e in tal caso il tutore ureterale dovrà essere periodicamente sostituito (ogni 6-12 mesi).
La procedura può essere eseguita in sedazione o anestesia spinale/generale a seconda del tipo di intervento.
Tipologia di cateteri ureterali:
Tecnica
A paziente in posizione ginecologica, si inserisce in vescica il cistoscopio: attraverso questo si fa passare il piccolo catetere (il catetere ureterale) che viene inserito nel meato ureterale.
Da qui si inietta il mezzo di contrasto iodato nell’uretere fino a raggiungere l’ostacolo.
Contrastare la via urinaria (Pielografia retrograda) è fondamentale per capire la natura dell’ostacolo o per verificare la lunghezza dell’uretere stesso e decidere il tipo di tutore da inserire (doppioJ o monoJ).
Dopo queste procedure viene lasciato un catetere vescicale per 24 ore mediamente.
Possibili complicanze
Le complicanze post-operatorie precoci sono: dolore lombare da reflusso che subentra al temrine della urinata con dolore acuto al fianco, ematuria, sintomatologia da corpo estraneo vescicale, dislocazione o ostruzione dello stent, perforazione ureterale (molto rara).
Le complicanze tardive sono: incrostazioni, dislocazioni (risalita, con necessità di recupero mediante intervento endoscopico, o discesa, con necessità di nuova applicazione) ed ostruzioni del tutore, rottura del tutore (di solito da eccessiva permanenza dello stesso), infezioni urinarie ricorrenti, sintomatiche e scarsamente responsive alla terapia antibiotica.
Al fine di ridurre il rischio che tali problematiche si manifestino, sarà opportuno che Lei si attenga a queste semplici norme igienico- comportamentali :
1) Bere almeno due litri di acqua al giorno e assumere i farmaci ed integratori che Le sono stati prescritti secondo le posologie consigliate, al fine di ridurre le probabilità di incrostazione del tutore e quindi il suo potenziale irritante.
2) Abituarsi ad una minzione regolare e frequente, senza cercare di trattenere troppo, in modo da urinare con la vescica meno piena, quindi ad una pressione inferiore e quindi con minore rischio di reflusso.
3) Attenersi ad una dieta priva di cibi piccanti e superalcolici, limitare il ricorso al caffè, al cacao e ai fritti e in generale a tutti quegli alimenti e bevande che potrebbero determinare congestione pelvica e quindi aggravare il senso di fastidio determinato dalla presenza del tutore.
Se queste norme di comportamento non dovessero sortire l’effetto sperato e si verificassero comunque i sintomi sopra descritti, potrà ricorrere all’utilizzo di farmaci di tipo antinfiammatorio (FANS come il ketoprofene, il diclofenac, il paracetamolo il tramadolo o altri) o spasmolitici (ad esempio la scopolamina butilbromuro) : il Suo Medico Curante saprà senz’altro consigliarLe quelli più adeguati nel Suo caso.
Quando non è possibile collocare uno stent ureterale per impossibilità di risalita nella via urinaria dal basso si rende necessario posizionare una Nefrostomia Percutanea cosidetta di minima.
La procedura viene eseguita in anesthesia locale con assistenza anestesiologica/sedazione. Il paziente viene posto su un fianco e sotto guida ecografica, si punge il rene con un ago da cui si inserisce un filo guida che entra nella via urinaria dall’alto e su cui, successivamente, si farà scorrere – previo controllo con mezzo di contrasto e raggi x (pielografia anterograde o percutanea) – il tubo nefrostomico. Tale derivazione urinaria generalmente è provvisoria; raramente definitive con cambi ogni 3 mesi.
Ulteriori possibili complicanze
Il rischio più frequente è il sanguinamento del tragitto percutaneo nel rene o delal pelvi renale stessa una volta che viene svuotata (sanguianmento ex-vacuo).
Questo va controllato nel tempo e generalmente si risolve in 24-36 ore.
Talvolta si possono avere rialzi febbrili soprattutto quando vengono drenate urine infette.
A volte il tubo si può dislocare dalla sede originaria e ci si accorge di ciò perché dal drenaggio non esce più urina. Sarà necessario rieseguire la procedura.
Raramente si occorre in lesioni agli organi adiacenti o vascolari.


